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Ott
No a totem intoccabili e va garantita la pluralità delle voci
Pubblicato su Guida al Diritto, Il Sole 24 Ore il 3 ottobre 2016
Ci risiamo! Dopo Venezia, ma come sempre da circa un quarto di secolo a questa parte, rieccoci a parlare di rappresentanza (anche grazie alla memoria corta di molti). Già due anni fa, diverse mozioni, di ordini e associazioni, non riuscirono a raggiungere il quorum. Da quel momento lo spirito di Calamandrei fu messo in un angolo, e da quella votazione ripartì una lunga campagna che ha avuto come solo scopo rimettere in discussione l’Organismo Unitario e il Congresso stesso che, sovrano, aveva respinto quelle mozioni ed eletto la nuova assemblea dell’Oua.
Ma il dado è tratto: il Comitato organizzatore, a maggioranza, ha deciso di parlare ancora una volta di rappresentanza. Dunque questa partita si giocherà di nuovo anche se, in questi due anni di Assemblee e incontri, in giro per l’Italia, ciò che è emerso con evidenza è la scarsa comunicazione con la maggioranza degli avvocati. A partire dagli stessi Consiglieri dell’Ordine o Delegati al Congresso. A chi dice e sostiene il contrario, ribatto con i fatti e con i dati delle votazioni per i delegati al Congresso, facendo alcuni esempi: a Firenze hanno votato 506 avvocati su 4.255 iscritti, a Torino 712 su 5.891 a Bolzano 35 su 835 a Treviso 105 su 2.000 a Perugia 88 su 2.145 a Roma 4.898 su 24.984. Per questa ragione, per questi numeri, troviamo che la proposta dell’Agorà sia francamente discutibile, in primis per il metodo: temi del genere avrebbero bisogno, in ogni foro, di un preventivo confronto aperto a tutti i colleghi, non di una decisione presa solo in sede di Consiglio o solo dal Presidente. E lo diciamo proprio in virtù di quanto sostenuto da più parti (in primo luogo dal Ministro): e cioè che l’elezione dei Coa non risponderebbe a criteri programmatici e politici. E dunque, delle due l’una: o è davvero così, (ma allora il documento dell’Agorà ha un peccato originale, perché i Coa non devono occuparsi di politica); oppure no, e in conseguenza i Coa devono avere un sistema elettorale con liste e programmi, con tanto di rispetto delle minoranze. Invece, anche in questo caso, tra regolamenti impugnati e proposte alternative, si va nella direzione di un autentico pasticcio, che aprirà purtroppo le porte a una ulteriore e inarrestabile delegittimazione degli ordini professionali e che consentirà di avviare una nuova e, forse, più efficace campagna per l’abolizione del sistema ordinistico. Nel merito: troviamo inaccettabile che si programmi una riduzione così drastica del numero dei Delegati congressuali, adducendo la necessità di contenere i costi. Basterebbe riorganizzare le spese e tagliare gli sprechi. Siamo pronti a dare anche noi il nostro contributo. Ed ecco che, in conclusione, con un numero di avvocati attestato intorno a 240.000, nell’Agorà, organismo non previsto dalla legge professionale, nasce l’esigenza di ridurre circa 500 i delegati congressuali, rischiando di mettere di fatto un bavaglio a tutte le anime dell’avvocatura e relegare ancora più ai margini i piccoli fori già travolti dai disagi della geografia giudiziaria! Così il Congresso rimarrà in mano a pochissimi, con un regolamento elettorale per i suoi delegati che ricalca pedissequamente quello cancellato dal Consiglio di Stato, eliminando per sempre le voci dissonanti. Sul metodo di presentazione delle mozioni al congresso, poi, se passasse la proposta dell’Agorà, si potrebbero depositare solo mozioni che attengono strettamente al tema congressuale (deciso peraltro dal Comitato organizzatore, presieduto dal Cnf) e con buona pace mettere, per statuto!, il silenziatore a qualunque altro argomento non gradito che pure può essere di fondamentale interesse per chi non partecipa al Comitato organizzatore. E il tema della rappresentanza rischia di distogliere l’attenzione dai grandi temi che attraversano il Paese e la categoria, a partire dai problemi emersi con l’attuale legge forense che fu approvata al Congresso di Bari, contestualmente a una mozione che ne chiedeva, da subito, importanti modifiche. Come giustamente ha rilevato in più occasioni Antonio Bellomo, coordinatore della Commissione che si è occupata della vigente legge, questa «è oggetto di continue diatribe tra gli operatori del diritto, perché è una scatola vuota che, secondo il legislatore, avrebbe dovuto sollecitamente riempirsi di contenuti attraverso quei regolamenti, che in realtà sono stati emanati con grave ritardo, ma anche in modo grossolano, tanto da essere stati oggetto di impugnazioni, regolarmente accolte o, nella migliore delle ipotesi, di critiche motivate. Come avvenuto con le specializzazioni, le elezioni, la continuità professionale e il tirocinio». Ma tanti altri sono i fronti sui quali la massima assise è chiamata a esprimersi anche a seguito del lavoro svolto dall’Organismo Unitario. La legge sulle unioni civili ha portato la Commissione sulla famiglia, coordinata da Elisabetta Mantovani, pur in presenza di diverse impostazioni e sensibilità all’interno della Assemblea Oua, a cercare di trovare una proposta quanto più condivisa sul tema delle adozioni anche in sede di audizione parlamentare. Sul piano delle tutele sociali, pregevole il lavoro della Commissione coordinata da Alberto Vigani al fine di garantire effettività dell’accesso alla difesa. Da qui il provvedimento per la compensazione dei crediti derivanti dal gratuito patrocinio con le imposte dell’avvocato e la liquidazione immediata dei suoi compensi (nella legge di stabilità) e l’adeguamento del tetto reddituale (in decreto ministeriale dopo 5 interrogazioni parlamentari). Rimangono in campo: la richiesta di estendere il beneficio alla negoziazione assistita, l’aumento delle liquidazioni, la proposta di riconoscere il legittimo impedimento all’avvocato madre e l’ammissione alla difesa gratuita senza limite di reddito per figli minori e disabili privati degli alimenti: disegni di legge presentati alle Camere. Altro banco di prova per il Congresso, intervenire sul Ddl Concorrenza. Un provvedimento con molte ombre, prima tra tutte quella che consente l’ingresso dei soci di capitale negli studi legali, ma che ha visto qualche risultato positivo in materia di Rc auto. Infatti, lo sforzo della Commissione, coordinata da Massimo Perrini, coadiuvato tra gli altri da Marco Montozzi, ha consentito che il testo, che si avvia verso il, probabile, ultimo passaggio d’aula, risentisse dell’azione di interdizione e proposta dell’Avvocatura, almeno sulle cosiddette “tabelle di Milano” e sul danno morale. Incessante il lavoro della Commissione di diritto e procedura penale, coordinata da Paola Ponte, che ha più volte sottolineato l’esigenza di provvedimenti legislativi ragionati e ponderati, che non muovano solo dal sentimento giustizialista dei cittadini verso crimini odiosi e di forte impatto sulla opinione pubblica. Importante anche quanto fatto dalla Commissione procedura civile, coordinata da Michele Draghetti, che ha depositato importanti emendamenti e ottenuto, allo stato, grandi ripensamenti rispetto all’impianto originario della cosiddetta “delega Berruti”. Infine, la presentazione, con l’attività decisiva di Fernanda D’Ambrogio, di un Ddl alla Camera per il “giusto compenso” per gli avvocati, contro l’abuso dei grandi committenti nei confronti dei professionisti più deboli. In conclusione: l’Oua è un grande contenitore, a vocazione corale, che pratica la politica della inclusività da oltre venti anni. Indubbiamente presenta qualche criticità che siamo pronti a discutere e superare insieme (e cioè la riduzione dei componenti dell’organo esecutivo e l’abolizione, per una quota che non superi il 30% dell’assemblea dell’Oua, della incompatibilità per i consiglieri dell’ordine che non siano i vertici apicali). Non esistono totem intoccabili e noi avvocati lo sappiamo bene. Ma la discussione dovrà essere effettivamente ampia e condivisa, partendo dagli appunti di chi nell’Oua ha lavorato e non facendo calare dall’alto alchimie che potrebbero apparire perfette sulla carta, ma rischiano di farci fare un grande balzo all’indietro aprendo la via alla colonizzazione pubblica della rappresentanza politica.
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